Nell’ultimo consiglio comunale è stata approvata una mozione che impegna il
Sindaco ad introdurre in tutti i bandi di gara per l’affidamento in concessione
o assegnazione degli appalti comunali, una clausola contrattuale che impegni
gli operatori economici a riconoscere ai lavoratori coinvolti un trattamento
economico minimo non inferiore a 9 euro lordi.
Quando si parla di salario minimo non si sta parlando di un dettaglio tecnico,
né di un cavillo sindacale. Si parla della dignità delle persone, del valore del
lavoro, della giustizia sociale. La mozione approvata non indebolisce i
contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), non li sostituisce, non li mette in
discussione. Al contrario: li integra, li rafforza, li sostiene.
Il salario minimo è una rete di sicurezza. Una soglia sotto la quale non si può
scendere, mai. È un pavimento, non un tetto. Significa che nessun lavoratore
e nessuna lavoratrice potrà essere pagato meno di quanto stabilito come
dignitoso. Ma i CCNL restano il luogo dove si costruisce di più: dove si
aggiungono tutele, diritti, garanzie, e dove si tiene vivo il ruolo fondamentale
delle parti sociali.
Oggi, troppe persone lavorano e restano povere. Troppe famiglie non
riescono ad arrivare alla fine del mese nonostante il loro impegno quotidiano.
Questo non è accettabile in un Paese che vuole dirsi civile e moderno. Il
salario minimo serve a combattere il dumping contrattuale, a fermare quelle
aziende che competono al ribasso, sfruttando la fragilità dei lavoratori più
deboli. Serve a dire con chiarezza che in Italia nessun lavoro può valere
meno della dignità. Perché un salario minimo non è solo una cifra